Nicole Silvya Bouris 27 anni, nasce a Napoli da da padre Libanese e madre Italiana. Quando per la prima volta mi è capitato di leggere la sua bio ho esclamato:”Wow! Che storia!” Nicole si laurea in Bocconi dove co-fonda la startup Praesto nel settore del food-tech, stata selezionata anche dall’incubatore SpeedMiUp. Dopo la laurea inizia a lavorare per l’UNICEF in Libano e in seguito per il Gruppo Banca Mondiale – The World Bank Group – nel programma di advisory Lighting Global. In quello stesso periodo termina un semestre in anticipo il master alla Georgetown University e la sua tesi viene adottata dalla Banca Mondiale. Oggi lavora per BioLite una startup americana che si occupa di distribuzione di kit solari sostenibili in Africa. Andiamo a conoscerla insieme!
Nicole quando hai scelto di intraprendere un percorso nelle energie rinnovabili?
«Nel 2017. Ero in una zona rurale del Kenia per fare delle verifiche su un cliente in cui dovevamo investire (al tempo lavoravo per una società di investimenti). Abbiamo visitato una famiglia che beneficiava dei sistemi solari del cliente. Mi sono resa conto del significato di buio pesto. Non riuscivo a vedere al di là del mio naso. La madre dellafamiglia ci ha raccontato di quanto una semplice lampada solare avesse cambiato la loro vita: aumento di ore di studio per i figli, diminuzione di problemi polmonari dovuti ai fumi nocivi emessi dalle lampade al cherosene, diminuzione della spesa per il cherosene (il solare costa di meno) e molto altro. Li ho capito di voler dedicare la mia carriera al solare.»
Ora in Kenia sei la business development manager e humanitarian lead per BioLite la startup che ha l’obiettivo di portare kit solari in Africa, puoi raccontarmi di più?
«Ho lasciato la Banca Mondiale a Washington per trasferirmi sul campo e capire quali fossero i problemi che gravano sulle imprese del solare in Africa. Il mercato del solare è enorme (globalmente é di $1.75 miliardi annui di cui la maggior parte in Africa sub sahariana) e ormai l’era delle ONG con approccio umanitario è finita, ora si parla di sviluppo sostenibile, ovvero uno sviluppo ottenuto tramite approcci commerciali piuttosto che distribuzioni gratuite e volontari. Qui si tratta di business.
Oggi con BioLite, startup americana che si occupa di produrre kit solari, ho un duplice ruolo: da un lato faccio puro business development, ovvero vado alla ricerca di piccole e medie imprese locali interessate alla distribuzione di kit solari BioLite. Le aiuto a sviluppare strategie di vendite per ottimizzare i profitti e ad interfacciarsi con potenziali investitori per raccogliere i fondi necessari al fine di finanziare ordini dei nostri prodotti. Dall’altro, sto sviluppando una strategia per assicurare che BioLite arrivi a risolvere, sempre con approcci di mercato, un altro grande problema che affligge oggi 80+ milioni di persone: i rifugiati. Il 90% dei campi rifugiati non ha accesso ad energia.»
Hai viaggiato tanto e fatto tante esperienza dall’UNICEF alla Banca Mondiale, quale consiglio ti senti di dare ai giovani che desiderano intraprendere una carriera internazionale?
«Passion + hard skills + mentorship
Una carriera nel mondo dello sviluppo internazionale comincia con la passione per risolvere problemi complessi. Si tratta di venire su con soluzioni innovative su argomenti come educazione, fame, povertà, parità di genere, imprese e infrastrutture, città sostenibili, cambiamento climatico e ovviamente energia, per ottenere la crescita economica e sociale di paesi in via di sviluppo. Inoltre, bisogna sviluppare competenze settoriali (eg. una di quelle che menziono sopra) da complementare con una padronanza in investment finance e conoscere almeno 2 lingue. Infine, consiglio sempre di individuare un mentore che possa aiutare nel navigare questo mondo così articolato e multiforme. Avere dei mentori mi ha aiutata molto e un anno fa ho cominciato io stessa come mentore per alcuni neo laureati: bisogna sempre give back!»
Grazie Nicole!
Gloria Chiocci