Gabriele Capolino, 26 anni è di Roma. Alcune storie parlano di intuizione, altre di coraggio, altre ancora di ritorni che diventano nuovi inizi. Quella di Gabriele appartiene a tutte e tre. Dopo un percorso che lo ha portato da un liceo classico romano alla LUISS e poi fino a Lisbona con un Double Degree alla Nova SBE, Gabriele è tornato in Italia con un’idea chiara: valorizzare il talento, la cultura e il potenziale del nostro Paese attraverso un nuovo modo di fare investimenti. Da questa visione nasce Avvio Capital un club deal costruito su relazioni autentiche, competenze e un network internazionale che oggi sostiene startup italiane in settori che vanno dall’AI al food&beverage.
Quando hai capito che il legame tra cultura italiana e innovazione poteva diventare la base di un vero modello d’investimento?
«L’intuizione è nata tornando in Italia dopo l’esperienza a Lisbona. Partecipando a eventi ed entrando in contatto con l’ecosistema locale, mi sono reso conto di una realtà sorprendente: un Paese molto più piccolo del nostro, con un’economia meno strutturata, aveva un settore startup più dinamico e supportato. Questo contrasto mi ha colpito profondamente, considerando che l’Italia è da sempre una fucina di creatività e innovazione. Negli ultimi decenni è mancato un sistema capace di trasformare queste competenze in scaleup globali. Da qui la convinzione che il potenziale italiano sia enorme e che servano investimenti, infrastrutture e una rete più coesa per permettere alle startup italiane di evolvere come accade negli USA, dove molte big tech sono nate come startup.»
Qual è oggi l’intuizione più innovativa del modello Avvio Capital, e come il club deal sta cambiando il modo di investire nelle startup con radici italiane?
«La nostra intuizione più forte è il valore del network: è lì che nasce tutto. Avvio Capital è cresciuta grazie a una rete di professionisti, imprenditori e investitori italiani nel mondo e, con il supporto dello studio legale Libra Legal Partners, abbiamo costruito un modello che unisce dealflow di qualità e supporto operativo reale. Il club deal permette al nostro network di accedere a opportunità selezionate, spesso non accessibili agli investitori europei, e allo stesso tempo offre alle startup un interlocutore unico, sostenuto da una comunità di competenze: mentorship, connessioni, fundraising, supporto manageriale e legale. Il focus sulle startup con radici italiane è naturale: è lì che il nostro network può generare più valore. E sì, c’è una componente di sano patriottismo: la volontà di fare sistema, ciò che in Italia è mancato e che vogliamo contribuire a costruire.»
Quale consiglio daresti ai giovani under 35 che vogliono creare un ecosistema basato su relazioni autentiche, cultura e visione globale?
«Direi tre cose. Primo: studiare. Conoscere approcci come il lean startup, le dinamiche di fundraising e le metriche permette di dialogare con investitori e founder da pari. Secondo: costruire un network vero, ampio e internazionale. Relazioni autentiche, mentor, clienti e colleghi sono un acceleratore potentissimo, e chiedere consigli non è un segno di debolezza, ma di strategia. Terzo: testare in modo rapido e iterativo, raccogliendo feedback. Sbagliare è parte del processo. Guardare ai Paesi più avanzati aiuta a comprendere modelli scalabili, ma è altrettanto importante mantenere la propria identità e valorizzare la cultura italiana.»
Grazie Gabriele
Gloria Chiocci