Giorgio Ciron, 34 anni, originario di Legnano, oggi è una delle voci quando si parla di innovazione e startup in Italia. Dopo gli studi al Liceo Scientifico Galileo Galilei e il percorso universitario alla Bocconi – con specializzazione in amministrazioni pubbliche e organizzazioni internazionali – ha conseguito un Master in Management Politico alla 24Ore Business School e un secondo Master in Management Strategico e Leadership delle Organizzazioni Sanitarie all’Università di Pavia.
La sua passione per l’innovazione è nata già all’università, quando ha fondato un’associazione che permetteva agli studenti di fare stage nelle startup. Da lì un percorso che lo ha portato in Assolombarda per guidare il progetto Milano Startup Town e, oggi, alla direzione di InnovUp, la più grande associazione italiana dell’ecosistema dell’innovazione con oltre 500 soci tra startup, investitori, incubatori e acceleratori. In questa intervista ci racconta le sfide e le opportunità per chi vuole lanciare una startup in Italia, le nuove frontiere dell’innovazione e un consiglio per i giovani imprenditori.
Giorgio, il tuo percorso ti ha portato a diventare una delle voci di riferimento per l’innovazione e le startup in Italia. Quali esperienze hanno contribuito a formare la tua visione sul potenziale delle startup in Italia?
«La mia passione per l’innovazione è nata durante il mio percorso universitario dove, con un gruppo di amici ho dato vita ad un’Associazione che permetteva agli studenti di fare stage in startup: un’opportunità, a nostro avviso, più sfidate e formativa di quelle fatte nelle grosse corporate. Grazie a questa esperienza sono stato assunto in Assolombarda per seguire il Progetto Milano Startup Town che aveva l’ambizione di rendere Milano un centro di riferimento per le startup in Europa. Oggi in Assolombarda ci sono oltre 400 startup associate e Milano è sempre più una “startup city”. Da qui il passo come Direttore di InnovUp è stato breve: con oltre 500 soci l’Associazione rappresenta tutti i player della filiera italiana dell’innovazione – dalle startup agli acceleratori, dagli startup studio alle piattaforme di crowdfunding – in tutte le regioni italiane.»
Come descriveresti oggi lo stato di salute dell’ecosistema delle startup in Italia e quali sono, secondo te, le nuove frontiere su cui si sta muovendo?
«L’ecosistema, negli ultimi anni, ha dimostrato di essere particolarmente dinamico con performance migliori – in termini relativi – rispetto ai nostri competitors europei: l’ultimo anno la raccolta di capitali in Europa ha fatto segnare un -9% mentre, in Italia, abbiamo avuto una crescita del 30%. Tuttavia il gap è ancora ampio infatti gli investimenti in venture capital rappresentano solo lo 0,06% del PIL italiano, contro lo 0,20% della Germania, lo 0,26% della Francia e lo 0,12% della Spagna. Le nuove norme introdotte dal cd. ScaleUp Act vanno nella direzione giusta e possono contribuire ad un’ulteriore crescita e all’emersione di casi di successo anche e, soprattutto, in settori dove possiamo fare la differenza: aerospace, AI applicata, robotica, agrifoodtech, designtech, insomma i settori dove si incrociano le eccellenze del “Made in Italy” con l’innovazione.»
Quale consiglio ti senti di dare a chi sogna di lanciare una startup in Italia e vuole trasformare un’idea in un’impresa capace di crescere e generare impatto?
«Oggi ci sono i soldi e le risorse, ci sono i talenti e c’è un ambiente normativo favorevole quindi è veramente un ottimo momento per lanciare la propria iniziativa imprenditoriale nel nostro Paese. Per farlo il suggerimento è quello di partire sin da subito con un’ambizione internazionale e un modello di business scalabile magari focalizzandosi su mercati di nicchia dove le aziende italiane sono delle vere eccellenze ma hanno bisogno di supporto nei loro processi di trasformazione digitale. Infine, è fondamentale partire con un team solido, il team e l’execution fanno la differenza tra il fallimento e il successo!»
Grazie Giorgio!
Gloria Chiocci