In occasione della World Ducati Week di Misano ho avuto l’occasione di parlare con Michael Ruben Rinaldi, giovanissimo pilota nell’Aruba.it Racing – Junior Team del Campionato Mondiale Superbike e Campione Europeo Superstock 1000 nel 2017.
Incuriosita da questo mondo, ho chiesto al giovanissimo Michael – 22 anni compiuti a dicembre – di raccontarmi la sua storia e il suo rapporto con le nuove tecnologie e il digitale.
Tutto è iniziato…
«Avevo quattro anni o poco più, ai quei tempi i benzinai vendevano le mini moto e un giorno passando davanti a una me ne innamorai, chiesi a mio padre di comperarmela e lui esaudì il mio desiderio, da quel momento un pò alla volta è iniziato il mio percorso. All’inizio giravo nei parcheggi, ancora nemmeno sapevamo che esistessero dei veri e propri campionati di mini moto.
Vivendo in Emilia Romagna ci sono molte piste di mini moto, iniziai a girare in una vicino casa mia, dopo un pò di tempo i gestori della pista, si resero conto che in pista andavo bene e mi proposero di iniziare a iscrivermi ai campionati. Da lì a poco ho iniziato a partecipare prima al campionato regionale, poi a quello italiano e da li è stato tutto un crescendo.»
Quando hai capito che il motociclismo sarebbe diventata la tua strada?
«All’inizio da bambino per me era come un gioco – lo preferivo a ogni altra cosa questo si – non era come giocare a pallone con i miei amici, era qualcosa di diverso si ma non ero ancora cosciente di quello che stavo provando. Andando avanti con gli anni ho capito che quello che stavo facendo non era solo un divertimento ma stava diventando una vera e propria passione fino a diventare il mio primo obbiettivo di vita.»
Come sei riuscito a coniugare studi e pista?
«Ho fatto un pò fatica, più che altro perché non sono mai stato portato per lo studio. Se mi metti un intero giorno a girare in moto giro volentieri, ma se mi metti davanti un libro venti minuti faccio molta fatica. Essendo un ragazzo molto attivo è stato un pò difficile per me. Sono riuscito a frequentare le scuole superiori fino al quarto anno e poi purtroppo – e dico purtroppo – perché avrei comunque potuto finire, ho mollato. Stavo già facendo il campionato europeo ed ero molto impegnato. Fino ad ora posso dire di aver fatto la scelta giusta, perché sto lavorando con la moto – che è la mia passione. Se tornassi indietro, un anno in più per ottenere il diploma lo farei, non è un anno che cambia qualcosa, ma sai da ragazzino spesso si fanno delle scelte un pò affrettate.»
In pista e nella vita, quale è il tuo rapporto con le nuove tecnologie, il web e i nuovi canali come i social?
«Sono social principalmente per la pista e non per la vita privata. Perché sono convinto che non tutte le persone hanno la possibilità di sapere cosa succede “dietro le quinte” da noi e quindi per me è bello far vedere agli appassionati i retroscena. Mentre per la vita privata posto se non niente, veramente poco.
Da quando sono entrato in Aruba.it – e si sa, loro sono tecnologici ‘da paura’ – mi hanno aiutato a gestire la mia presenza online, attraverso i social e in più abbiamo creato anche un mio sito personale con questo strumento che si chiama Swite e riunisce tutti i social ma in maniera professionale su di un sito web, e per l’appunto il mio è www.michaelrinaldi.it – che secondo me è una vetrina online che mi mancava – perché i social sono un pelino meno professionali, invece un sito internet può racchiudere contenuti di livello più professionale, informazioni più dettagliati.»
Nei social, cosa desideri comunicare ai tuoi follower?
«Ogni persona utilizza i social in modo diverso, magari posso trasmettere un messaggio – che potrebbe non essere apprezzato da tutti – però quello che ci tengo a dire è che i social sono una vetrina dove cerchiamo anche di far vedere i retroscena, ma ricordiamoci che altrettanti non si vedono. Ci tengo a dire di non prendere i social come oro che luccica, perché magari dietro c’è dell’altro ed è sempre bene informarsi e approfondire, non fermandosi semplicemente all’apparenza. Bisogna quindi farne un uso corretto, senza abusarne.»
Quale consiglio daresti ai giovani e giovanissimi che desiderano seguire il tuo percorso?
«Prima di tutto ci vuole tanta passione e bisogna divertirsi. Quando ti diverti viene tutto più facile, se invece lo senti come un peso, significa che è la strada sbagliata. Se un piccolo pilota si diverte, non importa se vada veloce o meno, se avrà il talento e la fortuna un giorno arriverà dove dovrà arrivare – ovviamente si dovrà impegnare al 100% – quando sarà un pò più grande; se invece un pilota non si diverte, perché magari è un obbligo imposto dai genitori, prima o poi verrà fuori e sarà difficile raggiungere l’obbiettivo; al contrario, se la base è la passione, seppure non arrivassero alla MotoGP o al mondiale, saranno soddisfatti della scelta»
Grazie Michael