Enrico Iaria compirà a breve 31 anni è originario di Palermo, dove ha vissuto fino ai 19 anni per poi trasferirsi per motivi di studio a Firenze. Lo scorso anno la famosa rivista Forbes lo ha incoronato come uno dei giovani innovatori più influenti della Cina – 30 under 30 – trattandosi della prima volta in cui un italiano riceve un tale riconoscimento nel paese asiatico.
Enrico, quando sei arrivato per la prima volta in Cina? Cosa è cambiato in questi anni?
«Sono arrivato a Shanghai quando la Cina era ancora considerata la fabbrica mondiale. Era ancora la terza potenza al mondo, quasi al sorpasso del Giappone. Dieci anni fa, si parlava ancora poco della Cina e pochi la conoscevano veramente per quello che era. Ricordo quando dissi ai miei amici che sarei partito per studiare un anno a Shanghai, rimasero tutti un pò perplessi dalla mia decisione per loro un pò “folle”. Così come ricordo ancora la conversazione avuta al mio arrivo a Shanghai con uno dei miei professori cinesi sul ruolo che la Cina avrebbe avuto negli anni futuri nel campo dell’innovazione tecnologica. Il Prof. era piuttosto negativo: “in Cina copiamo e produciamo, non innoviamo”, mi disse. Le cose sono andate diversamente, nell’ultimo decennio la Cina si è convertita da fabbrica mondiale a polo di innovazione globale. Ho visto un paese trasformarsi radicalmente, un paese che grazie alle sue riforme e alla conseguente crescita economica, alle sue caratteristiche uniche di mercato, ai crescenti investimenti in ricerca e sviluppo, insieme al ritmo velocissimo di adozione di nuove tecnologie, sta accelerando questa cosiddetta quarta rivoluzione industriale che stiamo vivendo su scala globale.»
Cosa ti ha portato in Cina?
«Il senso di sfida mi ha portato in Cina. Ero appena tornato dagli Stati Uniti dopo aver completato in anticipo di un anno il mio percorso di laurea in Scienze Politiche a Firenze. Avevo deciso di intraprendere un’esperienza di studio all’estero e quando ho saputo dell’opportunità di questo programma di double master’s degree in economia e innovazione, promosso dall’Università di Firenze e le università partner, University of Paris Sud e Shanghai Normal University, non ho esitato un attimo ed ho presentato domanda. Conoscevo la Cina che studiavamo nei libri, la sua storia, le sue tradizioni. Non conoscevo la lingua ma ero estremamente determinato ad impararla ed ero motivatissimo (lo sono tutt’ora) a crescere e confrontarmi all’interno di un contesto tanto diverso quanto competitivo. Una volta completato gli studi alla Shanghai Normal University ho ricevuto le prime offerte di lavoro e da li ho avviato un periodo di circa sei anni all’interno di aziende multinazionali, negli ultimi due anni ricoprendo il ruolo di General Manager di un’azienda europea nel settore del lusso. Nel frattempo avevo già avviato due progetti startup, ed infatti ho poi lasciato la mia posizione nel mondo corporate da cui ho imparato tantissimo sul piano personale e professionale, per dedicarmi full-time alle mie passioni per l’innovazione e le tecnologie emergenti.»
Di cosa ti occupi oggi?
«Mi ritengo molto fortunato perché riesco a vivere questa mia passione per l’innovazione a 360 gradi, da imprenditore, consulente e professore universitario. Ho fondato DooPlus Group, piattaforma di open innovation per startup e aziende multinazionali, la quale gestisce anche programmi di education legati al mondo dell’innovazione e alla creazione d’impresa. Collaboro poi da consulente con startup e piccole e medie imprese, incubatori e acceleratori, aziende multinazionali e agenzie governative, con le quali lavoro a stretto contatto su tematiche relative allo sviluppo/ottimizzazione del prodotto, strategie di internazionalizzazione e project management. Ho poi il grande onore di lavorare e supportare il China Italy Best Startup Showcase, promosso dal nostro Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, e dal Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese, gestito da Città della Scienza e Campania NewSteel. E per ultimo, sono un “happy professor” (come mi piace definirmi) di Entrepreneurship & Innovation Management alla New York University, ed insegno anche alla Shanghai Normal University e alla ESSCA School of Management.»
Quando hai ricevuto la notizia del riconoscimento Forbes 30 under 30? Quali sono state le prime sensazioni?
«Era il 2 agosto, a pochi giorni dal mio compleanno. Ero in ferie in Italia, precisamente mi trovavo immerso nei vigneti delle Langhe, a Barbaresco, dove avevo appena ultimato un’affascinante visita presso le cantine Gaja. Quando ho letto della notizia il mio primo pensiero è andato alla mia famiglia che nonostante la distanza che ci separa mi ha sempre supportato in questi anni, e poi ovviamente il pensiero è andato al mio team e ai nostri collaboratori. È stato un riconoscimento che ci ha reso molto orgogliosi, non solo per il grande onore di essere stati accomunati a grandi imprenditori e innovatori, ma soprattutto perché ciò mi ha dato conferma del fatto che la nostra comunità, l’ecosistema all’interno del quale lavoriamo instancabilmente, stava riconoscendo il valore che passo dopo passo abbiamo creato nel corso di questi anni con duro impegno. E sai perché questo significa davvero tanto per me? Perché essere imprenditori nel settore dell’innovazione in uno dei mercati più competitivi e innovativi al mondo non è affatto facile!»
Su quali progetti stai lavorando attualmente?
«Viaggio per la Cina davvero tanto. Negli ultimi mesi ho visitato circa 10 province per la gestione di diversi programmi startup, per prender parte a conferenze di settore (l’ecosistema dell’innovazione ed imprenditoriale nelle città della Cina meno sviluppate è in crescita esponenziale), e per supportare i soft-landing program del China Italy Best Startup Showcase promossi dal nostro governo come accennavo sopra. Nella missione di Aprile abbiamo introdotto 27 startup e piccole e medie imprese italiane in Cina, organizzando una serie di incontri di matchmaking in 6 città, tra le aziende italiane e gli investitori locali, rappresentanti governativi ed incubatori cinesi. Abbiamo inoltre facilitato una serie di visite e meeting presso i giganti tech cinesi Alibaba, Tencent e Huawei, ed alcune delle più promettenti startup unicorn del paese asiatico, così come favorito l’incontro istituzionale tra le nostre startup e il Ministro della Scienza e della Tecnologia cinese, Wang Zhigang, il Principe Andrew Duke of York della Famiglia Reale Inglese, ed il nostro Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Buffagni, in visita per l’occasione a Shenzhen. Similmente, nell’ultima missione del mese scorso, altre 14 aziende si sono unite al programma, questa volta gestito sull’asse Nanjing, Hangzhou e Suzhou. Insomma… la Cina ci tiene abbastanza impegnati.»
Ti senti un cervello in fuga?
«Assolutamente no. Non sono mai stato un cervellone, e non mi sento per nulla in fuga da niente. Sono una persona che si dà da fare, che si prefigge degli obbiettivi e prosegue determinato con la mentalità di una formica operaia. Amo il nostro paese e mi sento come se stessi vivendo tra l’Italia e la Cina. Negli ultimi anni sono riuscito a tornare sempre più spesso, ed ogni volta faccio tappa in diverse città tra nord e sud. L’anno scorso ho preso parte ad una serie di conferenze a Milano, Roma, Napoli e Palermo ed è stato davvero entusiasmante immergermi nel nostro ecosistema imprenditoriale, incontrare le imprese, ed il crescente numero di giovani che hanno voglia di fare, cercando di essere parte attiva della società, quella parte che cerca soluzioni imprenditoriali ai problemi esistenti. Grazie al mio lavoro riesco a mantenere un contatto attivo con l’Italia e spero un giorno di poter far leva sul mio bagaglio di esperienze e conoscenze per contribuire maggiormente in quella che è la creazione di valore per il nostro sistema paese.»
Enrico un consiglio che daresti ai giovani che desiderano fondare una startup?
«Innamoriamoci dei problemi, non delle soluzioni! La cosa più importante quando si inizia a lavorare su un’idea imprenditoriale è partire dal problema che stiamo cercando di risolvere. Uno degli errori che ho fatto alle prese con le miei prime startup è stato quello di lavorare duramente per mesi e mesi costruendo il prodotto perfetto così come lo immaginavo, finendo per creare qualcosa di cui non vi era una domanda di mercato effettiva. Ciò che ho imparato con gli anni è invece che occorre iniziare proprio dal problema, analizzare, studiare il mercato, capire perché quel problema esiste, come viene attualmente risolto e cercare invece di costruire (velocemente e con un budget minuscolo seguendo il modello di “Lean Startup” di “Minimum Viable Product”) una soluzione diversa a quel problema. Ecco, questa è proprio la definizione di innovazione, una nuova soluzione ad un problema esistente. Tutti possono essere innovatori e tutto ha inizio proprio dal desiderio di risolvere un problema.»
Grazie Enrico!
Gloria Chiocci