Antonio Giarrusso ha 30 anni ed è un imprenditore digitale, fondatore e amministratore di Userbot, la più grande startup italiana di sviluppo di tecnologie per l’intelligenza artificiale. Ho avuto modo di conoscere Antonio durante la scorsa edizione di Campus Party tenutasi a Milano. Incuriosita dalla sua straordinaria storia imprenditoriale sono andata ad intervistarlo.
Antonio quando tutto è iniziato?
«La mia storia “digitale” inizia da piccolo. Sono originario di un paesino della Campania. Avevo 4 anni. Un giorno mio padre tornò a casa con un computer per sostituire la macchina da scrivere, io fin da subito ne rimasi affascinato. Con il passare del tempo quell’attrazione si è trasformata in passione: al liceo ero diventato abilissimo con l’uso del computer, così tanto che, quando qualcuno del paese aveva un problema informatico, si rivolgeva a me.
Alla fine del liceo, arrivato il momento di scegliere l’università, ero indirizzato verso informatica, mentre i miei genitori all’epoca pensavano che l’informatica fosse solo una moda passeggera, che non mi sarebbe servita a trovare lavoro. Per loro l’edilizia sarebbe sempre stata florida e con un lavoro sicuro. Mi fidai dei loro consigli e mi iscrissi a Ingegneria Civile, anche se dentro di me sapevo che quella non era la mia strada.»
Quando hai progettato la prima applicazione?
«Era il 2009, avevo 21 anni, frequentavo il secondo anno di ingegneria civile, quando mi trovai davanti uno degli incubi di ogni studente di ingegneria: analisi matematica. Nonostante io odiassi la matematica fin dal liceo, dovevo passare questo esame.
Proprio in quell’anno in Italia arrivò l’iPhone e per la prima volta su quel dispositivo c’era pre-installata un’app che permetteva di scaricare altre app: l’App Store. A quei tempi non esistevano altri store, e iniziai a notare che alcuni sviluppatori stavano diventando milionari – anche con app inutili – questo succedeva perché la cerchia di app fruibili era ancora molto ristretta e gli utenti si concentravano su quelle poche disponibili.
In quel momento iniziai a pensare: “Ho un problema… Voglio e devo trovare una soluzione per superare l’esame di analisi”. Non ero uno sviluppatore, mi definivo più uno “smanettone”, non avevo mai programmato prima. Decisi di mettermi all’opera e sviluppai la mia prima applicazione partendo da zero – un’app di matematica – inserii all’interno delle formule, una calcolatrice e tutto quello che poteva tornarmi utile per prepararmi all’esame. A distanza di poco tempo, uscì la prima versione – esteticamente bruttissima – ma come prima creazione poteva andare.»
La pubblicai sullo Store, in maniera totalmente gratuita e aspettai l’approvazione. Il giorno seguente aprii lo store e notai che l’app era al primo posto nelle Top Scaricate. Non avevo minimamente idea di cosa significasse ma in quell’istante capii che dietro alla mia idea c’era un potenziale e un’esigenza, non solo mia ma condivisa da migliaia di persone. Da quel momento iniziò un periodo di miglioramento dell’app: test, prove, fallimenti e successi fino ad arrivare alla attuale versione di iMatematica.
Mentre testavo e sviluppavo l’app – di nascosto dai miei genitori, perché pensavano che stessi sottraendo tempo agli studi – continuavo forzatamente gli studi in ingegneria civile. Finché un giorno iMatematica venne promossa da Apple in tutto il mondo. Quando la mattina seguente aprii il report delle vendite, vidi che stavo fatturando qualcosa come 1.000€ al giorno. Puoi immaginare la faccia dei miei genitori quando gli ho detto quanto stavo fatturando con l’app!»
Quando hai sentito che era il momento di trasferirti all’estero?
«Iniziai a notare che nonostante i ricavi aumentassero, quando arrivava il momento di pagare le tasse e i contributi a fine anno venivo schiacciato da una pressione fiscale enorme. Mi sentivo arrabbiato, frustrato, e vedevo solo difetti nel Sistema Paese. Sembrava che contro quella macchina dell’inefficienza nostrana fossi impotente e che non avrei potuto cambiare le cose.
Mosso anche dal desiderio di fare un’esperienza all’estero post-laurea, nel Gennaio 2015, a 26 anni, io e la mia fidanzata, Carolina Pocino, partimmo alla volta del Regno Unito. Viaggiammo in macchina per tre giorni fino a Birmingham.
Dopo due settimane di ricerca avevamo una casa e decidemmo così di aprire una Limited Company, spostando in Regno Unito il nostro centro di interessi. Con soli 25£ per la richiesta di apertura e 24 ore dopo, avevamo la nostra azienda: Mobixee Limited. Un’azienda che sviluppa prodotti e servizi per mobile. Inizialmente sviluppavamo app per terzi ma non eravamo soddisfatti: preferivamo creare delle app nostre e poi venderle all’interno degli store digitali. Questo ci permetteva di essere creativi e di avere degli introiti continui e costanti nel tempo. Inizialmente io mi occupavo dello sviluppo tecnologico e Carolina della creazione dei contenuti delle app. Iniziammo a sviluppare decine di app sempre con il target dell’educazione: matematica, fisica, chimica, biologia, statistica e così via. Iniziammo a crescere velocemente e ad avere diversi collaboratori. Le nostre app vennero più volte selezionate direttamente da Apple (come App Dell’Anno e App Essential) e oggi vengono utilizzate in centinaia di scuole negli Stati Uniti e addirittura alcune scuole pre-installano le app sugli iPad degli studenti.»
Com’è stata la permanenza nel Regno Unito?
«Beh in Regno Unito è tutto estremamente produttivo: il sistema burocratico funziona, i mezzi di trasporto sono efficienti, per le imprese la fiscalità è semplicissima e trasparente. Tuttavia, dopo due anni, abbiamo iniziato a sentire la mancanza del nostro Paese: i suoi difetti non sembravano più così insormontabili e cresceva in noi la voglia di provare a fare qualcosa di buono in Italia. Volevamo portare quanto di buono visto all’estero anche nel nostro Paese e contribuire alla sua crescita. Fu così che iniziammo a pensare al ritorno.»
Quando hai iniziato a sviluppare Userbot?
«Appena tornati in Italia, iMatematica aveva ormai raggiunto i 4 milioni di utenti. Con questa mole di utenti erano aumentate anche le richieste di supporto. Ogni giorno il team di Mobixee – che era ancora relativamente piccolo – doveva spendere una parte consistente di tempo nel rispondere sempre alle stesse domande. Cominciai così a pensare ad un sistema di Intelligenza Artificiale che riconoscesse il linguaggio naturale e che potesse rispondere automaticamente alle domande degli utenti apprendendo direttamente dall’uomo, così nacque Userbot.
Avevo semplicemente questa “visione”, ma per sviluppare un prodotto così avanzato mi occorrevano delle competenze che non erano presenti in azienda. Passai tre mesi a cercare qualcuno in grado di sviluppare la parte di Intelligenza Artificiale, disposto a condividere con me il rischio di impresa.
Un giorno raccontai questa “visione” a Ricardo Antonio Piana – un mio vecchio amico – che se né innamorò subito. Mollò tutto, compresa la sua azienda di consulenza, e salì a bordo per darmi una mano. Anche io feci lo stesso, delegai tutto all’interno di Mobixee, e iniziammo a dedicarci full time al progetto.»
Quando avete iniziato a vedere i primi risultati?
«Dopo un anno intenso di lavoro, sviluppammo il primo prototipo funzionante. Si aggiunsero al team Jacopo Paoletti per la comunicazione e il marketing, e Marco Muracchioli per migliorare l’architettura tecnica.
Arrivato il momento di aprire l’azienda, iniziammo a notare le differenze con il Regno Unito. Se in Regno Unito ci sono volute 25£ e 24 ore, per aprire la SRL come Startup Innovativa, invece, ci abbiamo impiegato: tre mesi, migliaia di euro (per il versamento del capitale sociale, spese di commercialista, bollo, vidimazione dei libri contabili, ecc), decine di firme digitali, un numero incalcolabile di documenti e dichiarazioni, e, per finire, anche una videochiamata con la camera di commercio. Finalmente però, ad Agosto 2017, Userbot Srl è costituita.
Aprimmo l’azienda ma non avevamo fatturato, investitori o clienti. Andammo dai fondi di Venture Capital e ci chiesero le metriche di mercato che ancora non avevamo, perché il prodotto era appena nato. Andammo da alcuni Business Angel ci chiesero il 50% dell’azienda per poche migliaia di Euro. Decidemmo di continuare da soli. Iniziammo a regalare il nostro prodotto ad alcune startup amiche per validarlo e testarlo in industry diverse. Non avevamo però ancora clienti paganti e senza soldi non potevamo crescere. Dopo un anno di lavoro gli animi iniziarono a demoralizzarsi.
Investii tutti i miei risparmi in Userbot, impiegando più di 20.000€ nei primi mesi. Solo i costi di gestione per mantenere una S.r.l. poi risultavano non indifferenti, e un giorno, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai il conto in rosso. Arrivò quindi il momento in cui iniziai a domandarmi: “Voglio mollare o voglio continuare?” Probabilmente una persona con un pò di senno avrebbe mollato. Ma ripensai a tutto quello che avevo fatto e alle persone che avevo coinvolto. Credevo nel progetto e sapevo che c’era mercato per il prodotto: non avrei mollato.
Poi un giorno, quando le cose sembravano andare per il peggio, partecipammo a una competizione internazionale con la più grande azienda di credito al consumo d’Italia attraverso una Vendor Selection a livello mondiale che coinvolgeva oltre 300 aziende che operavano nel campo dell’intelligenza artificiale. La competition durò 6 mesi e si componeva di diversi passi, in cui poi venimmo selezionati tra i 10 finalisti attraverso la presentazione di una demo. Nella finale ci confrontammo contro gigantesche multinazionali americane, israeliane e russe. Ma il nostro prodotto colpì nel segno e vincemmo la competizione! Avevamo il nostro primo grande cliente!»
Come cambiò la visibilità di Userbot?
«Da lì partì una campagna mediatica: Userbot iniziò a comparire ovunque e si iniziò a parlare di noi. Trovammo anche i primi investitori: ottenemmo 300.000€ da alcuni intraprendenti Business Angel e chiudemmo una campagna di Crowdfunding in pochissime ore raccogliendo ulteriori 200.000€. Arrivammo così ad ottenere 500.000€ di investimenti in pochi mesi con una valutazione dell’azienda che raggiunse oltre 3 milioni di euro.
Abbiamo poi registrato il nostro marchio in Europa e negli Stati Uniti. Abbiamo depositato anche un brevetto sulla tecnologia di auto-apprendimento di Userbot. Il brevetto rivendica la tecnologia ibrida in grado di apprendere e migliorarsi con le conversazioni umane: la prima tecnologia mista AI+Umani brevettata in Europa.»
Da quante figure è composto ora il team?
«Il team attuale è composto da 20 persone, tutti professionisti con consolidate esperienze in ambito IT. Inoltre abbiamo formato un Advisory Board, che ad oggi conta 8 manager di importanti aziende italiane e multinazionali, che hanno maturato esperienza decennale nel settore IT e ci forniscono consigli di carattere strategico, evitandoci magari di commettere gli errori tipici delle aziende in fase di avviamento.»
Oltre agli Stati Uniti qual è l’obiettivo per il futuro?
«Entro l’anno puntiamo ad entrare sui mercati di: USA, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna. Dobbiamo poi consolidare l’azienda, per questo abbiamo aperto un ulteriore aumento di capitale su Mamacrowd, l’obiettivo è 1.000.000€ per velocizzare il time-to-market dei diversi ambiti di applicazione della nostra tecnologia.
Il nostro obiettivo nel breve termine è quello di aprire un prodotto SAAS (Software-as-a-service) per tutte le piccole e medie imprese che possa scalare velocemente il mercato. Stiamo sviluppando un prodotto semplice che può essere utilizzato facilmente da chiunque, anche senza competenze tecniche. Fino ad oggi infatti ci eravamo focalizzati solo sulle grandi aziende Corporate.»
Un messaggio che desideri lanciare ai giovani che desiderano realizzarsi la propria app?
«Basandomi sulla mia esperienza, sono due i messaggi che desidero lasciare. Il primo è un motto: “Punta sempre alla luna, male che vada avrai toccato le stelle”. Vuol dire che bisogna sempre puntare il più in alto possibile e cercare di dare sempre il meglio.
L’altro è quello di perseverare: andate avanti, credete nella vostra visione senza lasciarvi intimorire dalle difficoltà, anche quando non sembra esserci via d’uscita. Bisogna porsi degli obiettivi chiari e misurabili e fare di tutto per raggiungerli, adattandosi velocemente al mercato. Se io avessi mollato quando avevo il conto a zero, oggi Userbot non sarebbe esistito.»
Grazie Antonio
Gloria Chiocci