Francesca De Gottardo, e di Pordenone, in Friuli dopo la laurea magistrale in Archeologia Funeraria a Pisa ha aperto le porte a una carriera nel settore culturale arricchendo la propria formazione con un master in Marketing e Comunicazione presso l’Università Bocconi. Oggi è la founder di Endelea è un marchio di moda etica con creazioni progettate in Italia e realizzate a mano in Tanzania, dove investono parte dei ricavi nella sponsorizzazione di programmi educativi, condividendo competenze e conoscenze con studenti appassionati di design.
Endelea ha una forte impronta etica e mira a mettere al centro le persone. Francesca cosa ti ha spinto a creare un marchio che fonde moda e sostenibilità, e come vedi il ruolo della moda nell’incoraggiare un cambiamento positivo?
«Endelea è nata da un mio bisogno di avere un impatto positivo sulla vita delle persone e di dare così un significato alla mia. Le esperienze lavorative nella moda mi hanno insegnato quanto il fashion può essere un elemento negativo per l’ambiente e i lavoratori, ma anche la potenza che ha nel comunicare i messaggi in modo diretto e coinvolgente. Ho scelto di usare proprio l’abbigliamento per dire a tutti che ognuno di noi ha il potere di cambiare le cose, con scelte di vita, come nel mio caso, ma anche con scelte di consumo consapevoli e attente. Se compri una moda trasparente, etica e inclusiva, sei parte di un cambiamento positivo, sei tu che lo rendi possibile.»
Il motto di Endelea è “Dream bold”. Come la vostra azienda traduce questo motto in azioni concrete, e quali sono i vostri obiettivi nel promuovere la conoscenza e la collaborazione tra l’Italia e la Tanzania?
«Con Endelea vogliamo dimostrare che un altro modo di fare moda è possibile. La nostra supply chain è trasparente e certificata tramite Digital Product Passoport: QR code sui prodotti e un widget sul sito spiegano prezzi e provenienze di ogni materiale. Siamo una B Corp, sia in Italia sia in Tanzania, e retribuiamo le nostre sarte uno stipendio più alto del 116% rispetto alla media tanzaniana. Inoltre, attiviamo in Africa progetti a supporto delle realtà locali – dalle collaborazioni con i Maasai, le piccole cooperative non profit e gli artisti, alla partnership con l’Università di Dar es Salaam e all’acceleratore per designer emergenti insieme a una designer di Dior.»
Endelea ha compiuto un notevole percorso di crescita, passando da una microcollezione a diventare una società benefit con collezioni complete. Qual è stata la tua più grande sfida nel percorso di crescita e cosa consiglieresti agli altri imprenditori che aspirano a combinare successo commerciale ed etica?
«La complessità data dalla presenza in due territori così diversi come Italia e Tanzania ha rappresentato la sfida più grande, almeno i primi anni, in cui la pandemia non ha aiutato gli spostamenti e la serenità economica. Oggi facciamo fatica tra bandi, aumenti di capitale e burocrazia, ma il nostro nome in Swahili significa “andare avanti senza arrendersi” ed è quello che continuiamo a fare. Combinare profitto ed etica richiede dedizione e grande forza di volontà, ma soprattutto onestà verso i consumatori, il team e tutte le persone coinvolte a vario livello nel progetto: tutti devono sapere qual è l’obiettivo, condividerlo e fare di tutto perché si possa realizzare, un giorno alla volta, una nuova sfida alla volta. Endelea!»
Grazie Francesca
Gloria Chiocci