Immigrazione, coding e integrazione tutto questo è Powercoder

Priya Burci è giovanissima e nonostante questo è riuscita a realizzare un nobilissimo progetto che unisce la formazione all’inclusione: Powercoder.

Priya raccontami un pò di te…

«Ho 24 anni e sono nata a New York e cresciuta a Ginevra, in Svizzera; sono per metà italiana e per metà indiana. Mi sono laureata in Relazioni Internazionali all’Università di Bristol e ho conseguito un master in Sviluppo Economico alla London School of Economics (LSE).

L’importanza di aiutare chi si trova in condizioni di difficoltà mi è stata trasmessa dalla mia famiglia fin da bambina. Entrambe i miei genitori lavorano per le Nazioni Unite e mio nonno indiano è stato il primo della sua città ad andare all’università, mettendo poi a disposizione della comunità le competenze apprese. Oltre a questo, da sempre mi sono interessata e ho studiato come la tecnologia possa migliorare la società e la vita delle comunità più vulnerabili.»

Quando è iniziata la tua carriera?

«Ho iniziato la mia carriera presso Flowminder, una ONG che utilizzava l’analisi dei Big Data in situazioni umanitarie. Nel 2016 a Ginevra ho co-fondato la mia ONG, Project Integration che aiuta anch’essa i rifugiati a imparare il coding. Dopo un anno e mezzo con il mio co-founder abbiamo creato un team di quindici volontari che insegnavano coding a trenta studenti. Mentre frequentavo il master purtroppo abbiamo dovuto ridurre le attività con i ragazzi a Ginevra. Al mio rientro sono entrata a far parte della missione di Powercoders, gestendo l’espansione a livello internazionale e lavorando per accrescere l’impatto dell’organizzazione.»

Da qualche anno sei la CEO di Powercoders International, qual è lo scopo e l’obiettivo del progetto?

«Powercoders offre ai rifugiati corsi intensivi con l’obiettivo di integrarli professionalmente nel mondo IT.

I corsi hanno la durata di tre mesi, sono ideati per preparare e inserire gli studenti nel mondo del lavoro.

Al termine del percorso in aula i nostri studenti svolgono uno stage che consentirà loro di acquisire esperienza lavorativa con il fine di un inserimento a tempo indeterminato.»

Powercoders usa la logica della domanda e dell’offerta, in che senso?

«Powercoders è finalizzato a risolvere due problemi. Il primo è che vi sono nel mondo molti rifugiati motivati e di talento che loro malgrado si trovano disoccupati e non integrati. D’altro canto la digitalizzazione ha portato a una crescente richiesta di programmatori e operatori IT, che non trova un’adeguata offerta nel mercato del lavoro rappresentando un limite per la crescita. Powercodes cerca quindi di seguire la logica della domanda e dell’offerta. Abbiamo avuto un buon successo con un programma di 130 rifugiati di cui il 97% ha ottenuto uno stage a fine corso e un 60% un lavoro full time.»

Prossimi obiettivi?

«Il nostro obiettivo è espandere il programma a livello internazionale e accrescere l’impatto a livello sociale. Siamo convinti che ogni rifugiato che fugge da violenze, persecuzioni o povertà debba avere l’opportunità di ricostruirsi una vita dignitosa. Per questa ragione desideriamo offrire il nostro “coding bootcamp” a quanti più rifugiati possibili. Siamo anche convinti che il successo riscontrato in Svizzera potrà essere replicato in altri paesi. Tuttavia siamo convinti che la chiave per una crescita di successo stia nella collaborazione e nelle partnership, come abbiamo fatto in Italia e contiamo di partire in altri paesi.»

Come e quanto il codice e l’IT possono aiutare l’integrazione?

«Contrariamente a molti percorsi di carriera più tradizionali (ad esempio legge, medicina o ingegneria), non è necessario avere una laurea per imparare a programmare. Internet è una risorsa incredibile e molte persone che lavorano nel settore IT hanno imparato a programmare online da autodidatti, oppure frequentando un bootcamp. Quindi le persone che non si possono permettere l’università possono comunque sviluppare una competenza. La seconda ragione é che il coding è una competenza che può essere trasferita al di là dei confini

Dopo la Svizzera Powercoders sbarcherà per la prima volta in Italia, puoi raccontarmi qualcosa di più?

«Powercoders ha lanciato un programma pilota a Torino attraverso una partnership in franchising con il coding bootcamp “Le Wagon Italy“. Il team ha iniziato a operare a Torino da ottobre, sta attualmente reclutando studenti in vista dell’inizio dei corsi previsto per il 20 gennaio 2020

Cosa occorre per iniziare a programmare?

«Uno degli strumenti fondamentali per iniziare a programmare correttamente è un laptop di elevata qualità e siamo grati a Lenovo, il nostro partner tecnologico, per aver donato dei laptop alla classe.»

Partendo dalla tua esperienza, un messaggio per i giovani? 

«A mio avviso è davvero importante riconoscere quanto siamo stati privilegiati a crescere in un paese sicuro, in salute e con tante opportunità. Per questa ragione, se avete un’idea innovativa che possa impattare positivamente sulla società perseguitela e non avete paura di chiedere aiuto per realizzarla.»

Grazie Priya!

 

Durante questa intervista ne ho approfittato per fare qualche domanda a Pietro Parodi di Lenovo Italia.

Pietro perché un colosso della Tecnologia come Lenovo ha scelto di sostenere Powercoders donando computers per le lezioni in aula? 

«Da sempre Lenovo è attenta al sociale e per noi sostenere un’organizzazione come Powercoders, che ha l’obiettivo di formare nuove leve di professionisti nel settore della tecnologia, significa soprattutto vivere in concreto la nostra vision “Smarter Technology for All”: portare a tutti le tecnologie più intelligenti. Le nuove leve di professionisti che saranno formate da Powercoders porteranno ciascuno la propria esperienza, visione e diversità sui posti di lavoro che andranno a occupare in futuro. Questo per Lenovo è un valore importante.»

Do cosa si occupa la Lenovo fondation?

«Lo scorso anno l’azienda ha istituito la Lenovo Foundation con l’obiettivo di avere un impatto positivo su un milione di vite umane entro il 2020. Con l’anno che volge al termine siamo orgogliosi di avere raggiunto questo obiettivo, anche grazie a iniziative come il supporto di Powercoders in Italia e per il prossimo anno ci siamo posti l’obiettivo di coinvolgere uno su tre dei nostri dipendenti nelle attività della Fondazione.»

Per Lenovo i temi inclusione e tecnologia quanto sono importanti?

«Diversità e inclusione in ambito tecnologico sono talmente importanti per Lenovo che da diversi anni la nostra organizzazione ha al proprio interno la figura del Chief Diversity Officer. Come azienda ci impegniamo a rappresentare in maniera equilibrata ed inclusiva tutte le diversità – di genere, etniche, di credo e di orientamento sessuale. Infatti, siamo convinti che un team di lavoro diversificato e aperto a diverse esperienze e punti di vista ci consenta di prendere decisioni migliori, ci conduca a progettare dispositivi più adatti alle esigenze di ognuno e in definitiva sia più produttivo.»

In che modo la tecnologia favorisce l’inclusione?

«Un sondaggio svolto recentemente da Lenovo mostra che, oltre ad aiutarci nel lavoro e nel tempo libero, la tecnologia contribuisce ad aprirci la mente facendoci diventare più comprensivi e tolleranti. Infatti la ricerca ha evidenziato che in molti casi la tecnologia ha un impatto decisivo anche sui valori umani. Ad esempio, il 38% del campione è convinto che smart device quali PC, tablet, smartphone e visori di realtà virtuale (VR) rendano le persone più tolleranti e favoriscano una maggiore apertura mentale. Inoltre, oltre un terzo del campione (35%) ritiene che la tecnologia ci renda più comprensivi ed empatici.

L’avvento dei social media e delle piattaforme di video sharing ha probabilmente avuto un ruolo chiave, in quanto questi media permettono alle persone di entrare in contatto con altri paesi e culture e di conoscere abitudini di vita diverse dalle loro attraverso post social, video e altri contenuti. Potersi affacciare sulla vita delle altre persone grazie alla tecnologia ci rende in definitiva più a aperti e curiosi nei confronti degli altri, aiutandoci a capire meglio i loro punti di vista.»

Grazie Priya e Pietro!

Gloria Chiocci