Wibo: “La scuola di domani utilizzerà la tecnologia come supporto per raggiungere risultati di formazione più concreti”

Alessandro BussoTommaso Seita, 22 anni di Torino. Nonostante i percorsi universitari differenti – Medicina e Chirurgia, Ingegneria della Produzione Industriale – è fin dai dai banchi del liceo che sviluppano idee e progetti insieme il primo nel 2015, quando hanno cofondato Officina Magazine fino ad arrivare a Wibo una piattaforma web che vuole rendere l’apprendimento un’esperienza memorabile, grazie ai quiz e alla gamification. Andiamo a conoscerli! 

Tommaso e Alessandro come Wibo trasforma l’apprendimento in un’esperienza?

«Crediamo che imparare possa essere davvero divertente. La ragione per cui l’apprendimento è percepito come esperienza noiosa è l’assenza di interazione tra chi insegna e chi deve imparare. Se chi deve imparare è costretto ad ascoltare passivamente, allora non riuscirà ad apprezzare ciò che sta sentendo.

Noi vogliamo intervenire in tutti quei momenti in cui qualcuno parla (l’insegnante o il formatore) e qualcuno ascolta (generalmente lo studente) mettendo il secondo in condizione di partecipare attivamente al momento di apprendimento. Lo facciamo attraverso il format del quiz, che per sua natura è un gioco che stimola la partecipazione, e con la gamification, un insieme di pratiche che incoraggiano il miglioramento personale attraverso ricompense e gratificazioni virtuali.»

Ai vostri occhi, durante questo ultimo anno com’è cambiato il processo di apprendimento? 

«Inizialmente è cambiato molto poco: la pandemia ha costretto l’intero sistema dell’education, nelle scuole come nelle aziende, a muoversi velocemente per trasferire nell’online molti processi e abitudini che per secoli sono stati analogici. Come sempre succede in questi casi, la fretta non aiuta: spesso, chi si è occupato del trasferimento dall’offline all’online ha semplicemente cercato di ricostruire il mondo fisico nel mondo digitale, senza capire che le regole dei due mondi non sono le stesse.

Non si può pensare che due ore di lezione fatte su Microsoft Teams o Google Meet siano paragonabili alle stesse due ore fatte in una classe fisica: chi ha seguito questo approccio ha sicuramente indebolito la didattica e danneggiato la formazione, a scuola e in azienda.

Dopo diversi mesi dal primo lockdown, vediamo che le cose stanno finalmente cambiando in meglio: gli insegnanti nelle scuole iniziano a comprendere il corretto utilizzo dei strumenti digitali e i settori HR e Training delle aziende iniziano a dedicarsi con più attenzione alla formazione dei dipendenti, adottando soluzioni innovative per svecchiare i processi didattici.»

Alessandro e Tommaso come immaginate la scuola del domani? 

«Sarà finalmente al passo con i tempi e utilizzerà la tecnologia come supporto per raggiungere risultati di formazione più concreti, misurabili e alla portata di ogni studente. Più che la scuola del futuro sembra un’utopia, ma le condizioni per arrivarci ci sono.

Il settore scolastico è da sempre quello in cui l’innovazione tecnologica arriva più tardi; e non è un fatto solo italiano. In USA solo il 5% della spesa scolastica (2019) è stata investita nel settore Edtech (che comprende le soluzioni tecnologiche applicate alla didattica). In questo settore la pandemia ha fatto fare dei passi importanti: secondo una ricerca di Credit Suisse, a causa del Covid-19 il settore Edtech ha accelerato la sua crescita di almeno 5-10 anni. Sono numeri che fanno ben sperare.

La scuola del futuro però sarà diversa da come l’abbiamo sempre vissuta: non ci saranno più le canoniche 6 ore di lezione al giorno, passate ad ascoltare l’insegnante dietro un banco. Oggi gli studenti hanno infiniti strumenti per imparare, anche da casa, fuori dall’orario scolastico: in futuro avranno bisogno di qualcuno, l’insegnante, che sappia gestire le diverse fonti di informazione e dosarle nel modo corretto, adattandole a ciascuno studente, supportato dagli strumenti tecnologici.

La vera sfida sarà insegnare agli insegnanti un nuovo metodo educativo che integri la tecnologia. Non partiamo benissimo: secondo l’OECD, in Italia, solo il 35,6% degli insegnanti si dichiara pronto all’uso delle Ict nell’insegnamento. Quando porteremo questi numeri vicino al 100% potremo dire di essere entrati nella scuola del futuro.»

Grazie Alessandro e Tommaso!

Gloria Chiocci