FASK: “Il messaggio che speriamo passi dalle nostre canzoni: fate qualcosa che vi piace, anche se piace solo a voi”

Da Perugia ai palchi d’Italia e non solo! La storia che vi racconto oggi parla di musica e di quattro ragazzi che nel 2008 hanno fondato un gruppo musicale Punk Rock, conosciuti al grande pubblico con l’acronimo FASK – Fast Animals and Slow Kids. Sono Aimone Romizi (voce), Alessandro Guercini (chitarra), Jacopo Gigliotti (basso) e Alessio Mingoli (batteria). Una storia che parla di musica perché troppo spasso quando andiamo a un concerto o ci mettiamo le cuffie e pigiamo play dimentichiamo che dietro a quello che stiamo ascoltando, vedendo e vivendo c’è: studio, ricerca, innovazione e lavoro. Oggi, giorno del concertone del 1°maggio a Roma e della riapertura dei concerti dopo due anni di stop, mi piaceva raccontare una storia differente che abbraccia l’innovazione e la trasforma in professione e emozione. Andiamo a conoscere insieme i FASK!

Dall’Umbria ai grandi palchi, com’è iniziato il sogno rock italiano di quattro ragazzi perugini?

«In realtà è iniziato tutto in maniera molto naturale, come succede a tanti, fra i banchi di scuola, fra un compito in classe e qualche poster dei Blink 182 in camera da letto. All’inizio, se dovessimo essere davvero onesti, non lo vedevamo nemmeno come un sogno: quando sei ragazzo il confine tra “sogno” e “quello che ti piace fare” è davvero sottile, tutto può essere l’una l’altra cosa in contemporanea. Solo crescendo, con i primi concerti e i primi applausi, abbiamo finalmente capito che la musica era così preponderante per le nostre vite che, in assenza di essa, non saremmo mai stati davvero felici. Da lì in poi, nient’altro che il sogno.»

La musica come cultura e innovazione, per voi come si coniugano questi due elementi nei dischi e sul palco? 

«Come band cerchiamo sempre di rinnovare noi stessi, è proprio alla base del nostro approccio alla musica. Nel momento in cui ci prepariamo per un tour, l’obbiettivo è sempre quello di arrivare al “concerto ideale”, quello che abbiamo nella nostra testa e del quale vorremmo essere gli spettatori. È lo stesso approccio che applichiamo alla stesura di un disco: attraverso la conoscenza e lo “studio”, cerchiamo di ampliare il nostro bagaglio culturale così da rendere ogni album un mondo a sé, frutto di ciò che ci ha influenzato ed appassionato nel periodo in cui l’abbiamo scritto.»

Ho da pochissimo compiuto 30 anni e lego questo periodo a una delle vostre canzoni: 

“Sai per tanti anni pensavo fosse alternativo fare il punk ma oggi ho trent’anni vorrei soltanto dire quello che mi va lo so, ti parrà strano ma in fondo questa è la mia nuova libertà.”

Questa come tante altre vostre frasi hanno segnato una generazione ma quale messaggio vi sentite di dare oggi ai miei e vostri coetanei che si trovano a vivere in un’epoca in continua mutazione?

«Come prima cosa, tanti auguri! Per rispondere alla domanda, individuare un messaggio preciso da dare a chi ascolta la nostra musica ci risulta complicato. Quando scriviamo una canzone non riusciamo a parlare di altro se non di noi stessi, di ciò che ci succede nel nostro quotidiano. Ci rendiamo conto di avere una visione piuttosto ego-riferita della musica ma allo stesso tempo crediamo che questo sia l’unico modo per risultare sempre sinceri e, di conseguenze, sempre credibili rispetto a ciò che si sta suonando.

Come band nel corso di questi dieci anni abbiamo cambiato pelle diverse volte ma nel farlo abbiamo sempre cercato di rimanere fedeli a noi stessi e forse, a pensarci bene, è proprio questo il messaggio che speriamo passi dalle nostre canzoni: fate qualcosa che vi piace, anche se piace solo a voi.»

Grazie FASK!

Gloria Chiocci